
Camillo & son
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Vita e morte di due grandi giornalisti tra Italia e America
Il racconto, basato su una imponente documentazione d’archivio, delle vite di Camillo e Camille Maximilian Cianfarra, padre e figlio, giornalisti tra Italia e America. Due storie personali che incrociano la grande Storia con tutti i suoi protagonisti, unite da una comune passione e da un tragico destino. Nel nome della libertà.
Si chiamavano entrambi Camillo Cianfarra ed erano padre e figlio. Camillo senior, detto Chan, era nato nel 1878 a Lama dei Peligni, in Abruzzo, e a diciott’anni era in America, dove diresse “Il Proletario”, organo degli italiani affiliati al Socialist Labor Party impegnato in un aspro conflitto con gli anarchici di Paterson, la città da cui, nel 1900, Gaetano Bresci partì per assassinare re Umberto I. Passato a “L’Araldo Italiano” di New York, nel 1904 pubblicò Il diario di un emigrato, e si trasferì poi a Roma, corrispondente dei giornali del gruppo Hearst. Seguì tutti i grandi fatti del tempo: dal terremoto di Messina all’assassinio di Joe Petrosino alla prima guerra mondiale, sempre spiato dalle autorità italiane in quanto ritenuto “germanofilo”. Amico dell’ex premier Nitti e fiero antifascista, morì nel 1925 dopo essere stato arrestato e pestato per aver passato alla “Chicago Tribune” i documenti che accusavano Mussolini di aver ordinato l’assassinio di Matteotti.
Camillo junior, detto Cian, nato a New York nel 1907 e cittadino americano, fu una grande firma del “New York Times”. Vaticanista e autore di The Vatican and the War (1944) e The Vatican and the Kremlin (1946), dopo la Liberazione ebbe un ruolo importante rispetto alla questione di Trieste, allora centrale nello scenario della Guerra Fredda. Morì nel 1956 nel disastro dell’Andrea Doria.
“La prima cosa che feci nell’assumere l’ufficio della “Chicago Tribune” all’hotel Excelsior in via Veneto fu ripulire la scrivania del mio predecessore. Si chiamava De Santo, e dalle lettere che trovai mi fu subito chiaro che era stato un lavoratore volontario nel campo di Mussolini. Come molti altri corrispondenti che rappresentavano non solo la stampa americana, ma quella di tutto il mondo, aveva anche ricevuto una mazzetta mensile da parte di Mussolini, nella forma di cinquemila parole gratis via telegrafo o cablo. E poi trovai un assistente e interprete, Camillo Cianfarra, e la prima cosa che gli chiesi fu se c’era qualcosa sulle voci che avevo sentito a Parigi, che cioè Mussolini fosse implicato in qualche modo nell’assassinio del suo rivale, il capo del partito socialista Giacomo Matteotti. “Voci?”, esclamò Cianfarra. “I documenti che lo provano, le confessioni degli uomini di Mussolini, si possono trovare in quasi ogni edicola di Roma”. Ma, domandai, perché questa storia che poteva “far tremare il mondo” non è stata divulgata fuori d’Italia?”
George Seldes