Cento merli per coda
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Insediamento, attecchimento e declino di una piccola comunità di mezzadri in una desolata e irraggiungibile landa dell’Appennino centrale. Un iniziale pionierismo obbligato dalla miseria; l’orgoglioso florido proliferare e prosperare con alto senso di appartenenza, reputandosi un ombelico di mondo, anche se limitato, compiuto, finito; l’inevitabile decadenza e il finale crollo delle illusioni con l’aprirsi delle frontiere e la presa di coscienza della microscopicità del proprio universo. L’evocazione, sul filo dell’ironia e del mito, dell’affermarsi della civiltà contadina, ultimo legame col nostro ancestrale passato remoto, e della sua parabola discendente, con inevitabile amaro declino, all’affermarsi della società industriale e con l’apertura alla storia e al mondo globale, alle sue speculazioni e ai suoi orrori. Personaggi d’altri tempi: grezzi, illusi, spacconi, sporchi, bugiardi, guasconi, miscredenti, violenti, patetici, disperati, bruti, puri, religiosi, teneri, incoscienti, anacronistici, commoventi. Un mondo perduto, un piccolo villaggio la cui disintegrazione, alla luce della “civiltà che avanza”, degli abbattimenti delle barriere, dello sfruttamento intensivo e della manomissione sistematica del territorio, delle guerre dilaganti, delle mutazioni climatiche, dell’affarismo ed efficientismo tecnologico, si fa metafora del destino prossimo futuro del nostro stesso pianeta.