Il rumore delle macchine, l’urlo dell’anima
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2012 e 1860: due epoche imbevute di nuova vita e morte, di futuro e di passato. È la rivoluzione tecnologica, per l’una, a segnare la decadenza di modalità d’interagire, elaborare e apprendere che fino a ieri erano consuetudine; sono il trionfo della scienza, la corsa del treno, l’affacciarsi a Milano del capitalismo industriale con tutte le sue conseguenze a spazzare via, per l’altra, il mondo cantato e vagheggiato dai poeti-vate negli anni eroici del Risorgimento. Proprio questa sospensione tra due civiltà attualizza le pagine di Praga e Tarchetti; ci fa sentire nostro il loro senso di smarrimento attrazione di fronte agli sconvolgimenti del secolo XIX; quel trovarsi dislocati nella nuova configurazione assunta dal reale. E da lì la ricerca ininterrotta –e irta di cadute- di vie inesplorate verso una zona franca in grado di restituire all’uomo la sua umanità; da lì lo scorgere -talora in modo chiaro, talora confuso- le contraddizioni insite nel nascente modello di sviluppo: quelle stesse che oggi stanno fagocitando il pianeta e approfondendo drammaticamente le differenze tra nord e sud della terra.