La ricerca poetica da “Quarta generazione” a “Officina”
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La poesia e la cultura degli anni Cinquanta si confrontano con eventi traumatici di portata globale, destinati a ridisegnare la geografia della tarda modernità: il superamento dell’utopia residenziale; i costi umani di una modernizzazione a tappe forzate; la Guerra Fredda; l’inasprirsi dei conflitti sociali. Non deve sorprendere l’esigenza, da parte di alcuni intellettuali formatisi negli anni Trenta, di ricondurre la cultura poetica nell’alveo del privato, delimitandone il campo d’azione all’esercizio dello stile, in una sfera di autonomia e libertà individuali da opporre alla pervasività del discorso pubblico. Si tratta di una condizione che Pasolini evidenzia negli interventi su “Officina”, e in particolare nell’articolo sulla Libertà stilistica, collegandola a una visione d’ordine. Nel progetto di questo libro non rientra un riesame complessivo della produzione poetica degli anni Cinquanta. L’attenzione è invece rivolta a quel ‘terreno franco’ nel quale ermetismo e realismo convergono, ibridandosi. L’oggetto del discorso è il neo-sperimentalismo, secondo la definizione di Pasolini, come processo formale e linguistico che accomuna alcune significative esperienze poetiche (Leonetti, Roversi, Ferretti, Tadini) che meritano oggi una attenzione più vicina ai testi.