Via Cascìna 20. L’Aquila, trenta ore di sisma: un diario
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6 aprile 2009: Via Cascìna 20 è la residenza di Umberto Dante. Lo è ancora oggi, lontana da ogni “inizio dei lavori”, senza acqua e luce. Via Cascìna 20 è un testo vero, registrazione fitta e convulsa, candida, capace di confessare situazioni come l’amicizia-sintonia tra padre e figlio, gli incontri amicali, gli squarci di vita amorosa. Tuttavia, uno storico come Dante, precipitato nel disastro, utilizza questi “capillari” per arrivare a una più complessiva conoscenza: la convivenza di diacronia e sincronia. Abbiamo la diacronia nel succedersi del rinvenimento dei crolli e dei morti, del volontario locale sostituito dalle organizzazioni pubbliche. Abbiamo la sincronia dell’evento collettivo, l’incepparsi simultaneo, la miriade di vite e di prospettive che formano la città e che si interrompono tutte insieme: il professore guarda la sede straziata del Rettorato e dispera sul futuro; l’editore ha la sensazione di un disfacimento totale; il medico fantasma sperso nel moltiplicarsi dei morti: i politici spiccano per la loro latitanza e sembrano aspettare i microfoni televisivi.